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La proposta di regolamento di imballaggi e rifiuti di imballaggi. Quale impatto sull’industria del packaging?
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Dopo che il 30 novembre 2022 la Commissione Europea ha presentato ufficialmente la sua proposta per la revisione della legislazione UE sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio si sono intensificate le azioni di dibattito sul Regolamento. Si tratta infatti di un regolamento (e non di una direttiva), ovvero di un provvedimento vincolante per tutti gli Stati membri senza possibilità di recepimento differenti Paese per Paese.

Il Packaging and Packaging Waste Regulation (PPWR), che nell’ambito del Green Deal Europeo si inserisce nel cosiddetto “secondo pacchetto sull’economia circolare”, ha tre-macro obiettivi principali:

prevenire la produzione di rifiuti di imballaggio, ridurne la quantità, imporre restrizioni agli imballaggi inutili e promuovere soluzioni di imballaggio riutilizzabili e ricaricabili;

promuovere il riciclaggio di alta qualità, riciclaggio a circuito chiuso, rendendo tutti gli imballaggi presenti sul mercato europeo riciclabili in modo economicamente sostenibile entro il 2030;

ridurre il fabbisogno di risorse naturali primarie e creare un mercato ben funzionante di materie prime secondarie aumentando l’uso della plastica riciclata degli imballaggi attraverso obiettivi vincolanti.

 

All’aspetto positivo di uniformità normativa data dal Regolamento, si contrappone la mancanza di possibilità di recepimenti territoriali differenziati. In termini di fonti normative, preoccupa la contraddizione che si produrrebbe tra una Direttiva Rifiuti, recepita a proprio modo da ogni singolo Paese, e un Regolamento unico, che va a disciplinare solo uno (sebbene rilevante) dei flussi (quello degli imballaggi) che producono rifiuti.

 

Questa è una delle prime osservazioni che le associazioni di categoria che si occupano di imballaggi hanno sin da subito fatto. Tra queste Federazione Carta e Grafica che ha negli ultimi mesi ha più volte portato all’attenzione delle imprese e delle istituzioni nazionali ed europee gli elementi più controversi di questo regolamento.

 

Queste, in sintesi, le tre macroaree di obiezione:

l’imposizione di obiettivi drastici di riduzione degli imballaggi del -15% nel 2040 (-5% nel 2030, -10% nel 2035). L’UE pone obiettivi stringenti di riduzione complessiva degli imballaggi che sembrano prescindere da uno studio accurato sui motivi reali che fanno crescere gli imballaggi (stili di vita, e-commerce, funzionalità degli imballaggi nel favorire la logistica e nel garantire igiene, sicurezza, salvaguardia sprechi alimentari…), ma anche dai materiali con i quali tali imballaggi sono realizzati;

la definizione di obiettivi di riutilizzo (dal 30% al 95% nel 2040 per bevande, 75% cibo da asporto e ristorazione veloce, 80% imballaggi da trasporto), insieme alle norme contro gli extra imballaggi, sembra essere la strada indicata dal regolamento per ridurre gli imballaggi. Non c’è dubbio che, nella gerarchia della gestione dei rifiuti, il riuso sia preferibile al riciclo: ma appare contestabile spingere sul primo a prescindere da analisi precise (LCA o LCC) sulle valutazioni di impatto, sulla reale sostenibilità economica e ambientale del riuso verso il riciclo. L’importanza dell’approccio scientifico è ribadita da uno studio comparato condotto da EPPA (European Paper Packaging Alliance) su alcune tipologie di pack monouso in carta per l’asporto degli alimenti, in cui si evidenzia che il passaggio ad alternative riutilizzabili comporta svantaggi in termini energetici e di emissioni anziché vantaggi.

la lista negativa di imballaggi vietati o considerati non riciclabili a tendere: divieto immediato per alcune tipologie (imballaggi in plastica o compositi per prodotti ortofrutticoli freschi, per alimenti e bevande in Horeca) e dal 2030, per imballaggi ritenuti non riciclabili (base carta con plastica non separabile; barriera/rivestimenti). La definizione di riciclabilità introdotta dallo stesso Regolamento spiega che un imballaggio è da considerare riciclabile solo se c’è un effettivo sistema industriale di selezione e avvio a riciclo, ma poi presenta liste negative, a prescindere dal fatto che molti degli imballaggi in questione, in Italia per esempio, sono riciclabili e riciclati.

 

Per l’industria lo scenario è molto preoccupante:700 mila aziende possono essere colpite solo in Italia, con impatto su 6,3 milioni di dipendenti e su un mondo produttivo che fattura 1.850 miliardi di euro. A tracciarlo è il Sole24Ore a partire da dati forniti dal Conai, il Consorzio nazionale imballaggi, a cui sono associate praticamente tutte le aziende interessate alla normativa. Anche la reazione di Confindustria è stata netta, confermando la necessità di posticipare la presentazione della proposta di Regolamento per aver il tempo di far comprendere l’impatto su diverse filiere italiane ed europee e su un sistema d’eccellenza quale è l’industria del riciclo.

L’azione di Confindustria è stata già recepita anche dal Governo, sensibilizzato a salvaguardare gli interessi del nostro Paese, leader nell’economia circolare, eccellente produttore di imballaggi e della relativa tecnologia, esportatore in tutto il mondo del Made in Italy, alimentare e non.  Il tema è oggetto di grande preoccupazione in tutta l’industria europea, dove si registrano reazioni forti e immediate delle associazioni sia della filiera della carta, sia dell’imballaggio.

Questa la situazione ad oggi, con l’intero panorama industriale mobilitato per indurre le istituzioni europee a scelte più adeguate e consapevoli, delle quali sarà fornito puntuale aggiornamento. In gioco c’è il futuro dell’industria europea, con riflessi pesanti in particolare su quella italiana e non limitatamente alla filiera della carta e del packaging.